Quantcast
Channel: apocrifi d’autore – la Dimora del Tempo sospeso
Viewing all articles
Browse latest Browse all 30

Un uomo di cattivo tono

$
0
0

Punto reale di partenza di questo libro sono I quaderni del dottor Čechov. Appunti di vita e letteratura 1891-1904, pubblicati a Mosca nel 1950 e apparsi per le Edizioni Feltrinelli nel 1957 nella traduzione di Pietro Zveteremich. Scopo di questa mia reinvenzione apocrifa non è frugare da biografo nell’intimità del celebre scrittore ma evidenziare, nella scia delle sue parole, scritte sopratutto nella parte finale della sua vita, il paradigma di una scrittura antisentimentale, crudele, aforistica – pronta a ri-esistere nel nostro tempo come cantiere inattuale e scandaloso di libertà, se per libertà si intende l’inflessibile audacia di pensiero e di cuore che il dottor Čechov ha sempre mostrato, il suo “cattivo tono” che non ammette consolazioni ma solo illusioni.

Marco Ercolani

Un uomo di cattivo tono
(Altri quaderni del dottor Čechov, 1891-1904)

 

I fatti sono fantasmi

Diventavo un sognatore e, da sognatore,
non sapevo esattamente cosa volessi.

Anton Čechov

 

Un uomo impazzito, convinto di essere un’apparizione: vaga solo di notte. Sviluppare il tema.

Potrei fare come Maupassant: descrivere l’insorgere dell’angoscia in prima persona con uno stile sempre più affannato. Ma imiterei uno scrittore inimitabile. Preferisco un’altra strada. Redigere il diario di un medico che è sulle tracce dell’uomo convinto di essere uno spettro. Scrivere, ad esempio: «Lo vedevo camminare, avrei voluto toccarlo, dirgli che non era vero, che non era un fantasma. Ma tacqui». Ci lavorerò. Ciò che è subito prevedibile non affascina il mio pensiero.

Le apparizioni non sono spettrali: sono realtà invisibili che aspettano una forma, non troppo diverse da un’idea astratta che si trasforma in libro concreto.

Mi diverto, certe volte, a sognare uno scrittore futuro che entra nei miei taccuini non come un ladro ma come un seminatore. La letteratura non ha né inizio né fine.

**

In giorni di malinconia e di silenzio essere in una grande libreria. Leggere è superfuo. Ma guardare i libri che, come da un anfiteatro ci avvolgono, consola sempre, come il canto degli uccelli nel bosco che credevamo silenzioso.

Per ragioni dipendenti dalla malattia la mia vita sarà breve e non riesco ad amarla più di tanto o commuovermi per il mio triste destino: posso creare personaggi che, più di me, suscitino una compassione universale. Io, da solo, resto un fabbricante di racconti.

Ogni tentativo di essere felici passa per lo stato d’estasi a cui ci abbandoniamo durante l’atto amoroso. Dopo, chissà quanta neve fradicia in cui inciamperemo.

Se rifletto al futuro, immagino finestre che non siano più pezzi di vetro preparati a separarmi dal mondo ma schermi che riflettono altre realtà, interne ed esterne, vicine e lontane, felici e infelici – foreste, mari, montagne, miraggi di città.

**

Perché scrivo appunti? Perché l’opera finita mi annoia.

Una commedia è sempre troppo complessa. Non accade niente ma le persone devono parlarsi. Occorre un tema: un ciliegio, un cimitero, una casa, un ubriacone. Qualcosa che giustifichi cinque atti di lamenti e sproloqui.

Se questi pensieri liberi diventeranno o commedie o racconti importa poco; trascriverli è un esercizio di salute.

Scritture anonime, fogli d’album sparsi in qualche bancarella sulla Nevà.

Molti monaci del Medioevo, di cui non conosco il nome, hanno scritto cronache esemplari dei loro eremitaggi. Da loro imparo, dagli epigoni di Turgenev no. E poi, se ignoro il nome dei primi, certamente dimenticherò il nome dei secondi, benché le gazzette strombazzino, oggi, i titoli delle loro novelle.

Mefitica, mefitica Mosca.

**

Il mondo è stupidamente reale, come sapeva bene Flaubert. Quanto al resto – l’indifferenza, la noia, il fatto che gli uomini di talento vivano e amino unicamente nel mondo della loro fantasia e della loro immaginazione – posso dire una cosa soltanto: ognuno risponde del proprio cuore.

Quello scrittore non riesce ad azzeccare il tono giusto: c’è sempre qualcosa di strano, di indefinibile, che a volte è simile a un delirio… Neppure una figura viva, vera.

I fatti sono fantasmi – ho dimenticato chi lo diceva. Ma non esistono che i fatti: è il modo di narrarli che ogni volta è diverso, come una voce di donna.

**

Il monaco gli sussurra che è un genio e che muore solo perché il suo fragile corpo umano ha perso l’equilibrio.

In certi momenti l’impossibilità reale di prendere appunti su un taccuino rende forti e sani come se si camminasse all’aria aperta per boschi che non hanno ancora un nome preciso.

, barricato nella sua camera di liceale scrupolosamente ordinata, era angosciato dalla presenza dei genitori come lo sarebbe stato dalla loro assenza. O, per dirla meglio, imbarazzato. L’angoscia non dovrebbe nutrirsi di temi familiari ma essere. Punto e basta. Ogni storia personale è un’insignificante dissonanza.

Non sento nessun suono, come se l’intera orchestra fosse coperta da strati e strati di neve, ma vedo ogni musicista suonare il suo strumento con ostinazione. Vedo e ascolto.

Ricopiando certe parole altrui renderle nostre per la prima volta.

**

Penso ancora a un racconto su quell’uomo convinto di essere un’apparizione. La prima idea: portarlo in mezzo a una folla, farlo toccare da ubriachi e delinquenti. La seconda: lui è un soffio, entra nelle case, spalanca le finestre, tutti lo temono, come il Vij descritto da Gogol.

Alcuni capolavori, se irrealizzati, sconvolgono. Immagino gli appunti preparatori, le frasi accennate, gli schizzi, e non riesco a capire cosa sarebbe potuto accadere. In quel non capire comincio lentamente, attraverso mille dubbi, a ripensare forme e stili.

Leggere e rileggere le pagine incompiute dei vivi è come guardare la bellezza del cielo e ritardare il congedo dal mondo.


Viewing all articles
Browse latest Browse all 30

Latest Images

Trending Articles